Il rapporto tra fisioterapisti e le altre professioni sanitarie in un’ottica di assistenza globale

Il fisioterapista è solo uno dei molti professionisti sanitari che nel nostro Paese hanno il compito di aiutare i cittadini a soddisfare la loro domanda di salute. Oltre ai medici, infatti, in Italia oggi sono riconosciute ben 22 figure sanitarie non mediche, suddivise in professioni infermieristiche ed ostetriche, tecnico-sanitarie, della prevenzione e della riabilitazione: ognuna di queste ha un proprio ambito di competenza e delle conoscenze specifiche, che applica secondo norme ben definite dalla legge italiana. Ma che tipo di rapporto ha il fisioterapista con esse, e come può agire in modo da massimizzare l’efficacia delle sue scelte insieme agli altri professionisti sanitari?

Prima di tutto va detto che il fisioterapista prende in carico la persona assistita nella sua globalità, con lo scopo ultimo di consentirle il maggior livello possibile di qualità della vita e ridurre al massimo la necessità di assistenza. Per farlo non solo tratta le eventuali disfunzioni che ostacolano la vita di tutti i giorni, ma potenzia le capacità, interviene sui fattori ambientali e identifica le eventuali strategie di compensazione, come ad esempio un piano di prevenzione personalizzato o l’uso corretto degli ausili.

Anche se un fisioterapista agisce in autonomia e sotto la sua piena responsabilità, però, non può agire “in un vuoto”, vale a dire senza conoscere a fondo la situazione clinica della persona che ha davanti: non a caso, infatti, uno dei rapporti più importanti che un fisioterapista ha è con il medico di famiglia del suo paziente. Molto spesso, però, i fisioterapisti lavorano con pazienti in accesso diretto, e per questo è fondamentale avere la capacità di valutare attentamente i pazienti al fine di determinare se sono appropriati per il trattamento fisioterapico o se necessitano di un intervento da parte di un altro professionista della salute. Questo processo di valutazione è cruciale per garantire la sicurezza e l’efficacia delle cure fornite.

Ma il medico di famiglia non è l’unico professionista con il quale i fisioterapisti interagiscono in maniera pressoché continua, come sempre più richiesto dall’allargamento e la maggior articolazione del concetto di “presa in carico” di un paziente, riconosciuta e fatta propria dallo Stato con il Decreto Ministeriale 77 del 2022. Con questa riforma – la stessa che recepisce la missione “Salute” del PNRR – è stato infatti messo nero su bianco che il lavoro in team multidisciplinari sarà fondamentale per rispondere ai bisogni di salute dei cittadini italiani di domani, che saranno sempre più dovuti a patologie croniche e a un’età media sempre più alta. Per curarli al meglio, quindi, serviranno figure sempre più specializzate ma in costante comunicazione fra loro, siano essi fisioterapisti, infermieri, ortopedici o medici.

Da questo punto di vista non è un caso che la Toscana abbia sperimentato la figura del Fisioterapista di Comunità: il suo inserimento nei team multidisciplinari delle nuove strutture per l’assistenza territoriale previste dal PNRR, infatti, dimostra che la tutela della qualità della vita e della funzionalità motoria che i fisioterapisti danno ai loro pazienti ha un ruolo fondamentale per rispondere al meglio sia alle necessità dei cittadini che al bisogno di sostenibilità del sistema sanitario nazionale.

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